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"Continuum" per continuare andando chissa dove e perche ... ma andare .....E.T.

Ennio Tamburi. Continuum 

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Parliamo, dunque, di Ennio Tamburi: E.T., come l'artista ha sempre voluto segnare le sue opere, le due lettere puntate compiutamente incluse in un cerchio.

L'esigenza del disegno, l'urgenza della traccia, l'intenzione dell'immagine: "è stata l'esperienza di questa illusione a fare di me un pittore". La stessa illusione di ricomporre, da millenni, lo spazio di esistenza e di agire sull'equilibrio delle cose, sulla loro posizione, sul contorno e sulla forma. 

 

Da Blombos sino a qui, l'artista interroga lo spazio trasformandolo in luogo, scaturigine dell'immaginazione e sedimento delle proiezioni interiori. Con E.T. la superficie del mondo è terra da segnare e punteggiare, col gesto leggero ed incerto di chi sfiora una materia delicata, lasciando che la superficie trattenga la traccia del pigmento, al di là dell'immediatezza del gesto, così che fragilità e persistenza giungano a coerenza.

 

Di tale impresa sintetica e trascendente, il percorso di E.T. risulta esemplare, e ciò tanto più per la sua capacità di ridefinirsi e rifondarsi, in passaggi ben determinati, svelando così la sincerità della ricerca e la solidità degli esiti di un artista che ha attraversato tutto il secondo Novecento e i primi due decenni del Duemila con un'attenzione al momento di rara intelligenza, perché votata a consolidare e amplificare la profondità di una continuità.

 

L'avvio della produzione artistica di E.T. avviene infatti negli anni Cinquanta, muovendosi su un versante fortemente materico - caratteristici del periodo sono gli assemblaggi di metalli e neon, interventi con grappette metalliche su immagini fotografiche e pietre, installazioni ambientali - col fine dichiarato di condividere la sensibilità politico-esistenzialista dell’epoca.

 

L'importante mostra dall'eloquente titolo Condizione uomo, tenutasi a Ferrara al Palazzo dei Diamanti nel 1975 (anno in cui E.T. partecipa anche per la prima volta alla Biennale di Venezia), costituisce la rassegna espositiva più compiuta di tale ricerca. Poi, come a segnare l'avvenuto compimento di una stagione, E.T. cambia, si libera dalla presa del presente per dedicarsi in maniera esclusiva a una pittura dallo slancio spaziale a-temporale. 

 

Della materia rimane una memoria liquida ed eterea - un noto critico bene disse al riguardo di una derivazione "ideologica" dall'acquerello - raccolta nella delicata leggerezza di preziose carte orientali che diventano il supporto d'elezione dell'opera di E.T., per il quale "la carta diventa un luogo, un campo di relazioni", zona senza margini della sensibilità. Non diversamente, viene da annotare, dalla grammatica quantistica ed energetica che trae origine dalla lezione filosofica orientale, e alla quale tanto spesso l'artista si è richiamato.

 

Su ampie superfici, accoglienti e insieme misteriose, E.T. combina dunque con definitiva maturità formale un insieme di ispirazioni tanto diverse quanto intimamente coerenti. Vi si ritrovano la libertà del viaggio e il rigore del teorema, la nota diaristica e il trasporto sinfonico, l'osservazione della realtà e una ricercata visionarietà che celebrano la potenza universale e primigenia del segno. Il punto, la linea, la loro energia che entra in rapporto con la sensibilità della superficie, la processualità del disegno e l'immediatezza dell'immaginazione consegnate alla persistenza di forme e colori: tutto questo ci riporta, anche, alla caverna da cui siamo partiti, alla consapevolezza di un discorso che non inizia e non finisce secondo i tempi brevi e rotti a cui siamo abituati.

 

La sontuosa mostra di carte racchiuse nelle teche della storica Biblioteca Casanatense di Roma, tenutasi nel 2006, e poi soprattutto la grande retrospettiva organizzata dalla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, sempre a Roma, nel 2012, sono i due atti culminanti di questa intensa stagione di E.T. Poi, di nuovo, l'uomo con la sua opera si rinnova.

La produzione successiva sembra infatti ammettere una nuova ipotesi della pittura, un'altra propensione immaginale. L'artista evoca il sogno di una raggiunta libertà, illimitata e sconfinata, un senso cosmico di moto e connessione dove, secondo le sue stesse parole, "il colore è fluido, si espande su spazi definiti che l'acqua rende indefinibili”.

 

È questo equilibrismo tra i margini del disegno e l'incontenibilità della macchia a superare la partitura delle sue tavole/pagine in favore del progetto di una vita: quel continuum con cui E.T. titola opere e mostre, quel continuum che, da memoria Eraclitea, ogni volta nuovamente travalica il foglio rigenerandosi ripetutamente. 

 

Ennio la nomina "saggezza del tempo che non passa", tempo delle ipotesi e delle infinite possibilità, tempo dei ricordi rivagliati ad uno ad uno e proiettati sul futuro, condizione dell'immaginazione che, come l'acqua, si espande, s'arresta, s'imprime, continua a fluire portando con sé segni di un passaggio umano, mentre pietre e carte si consumano nella celebrazione di arte e vita. Nello scorrere verso altra vita ancora.

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[Luca Arnaudo e Roberto Lacarbonara: Presentazione della Mostra "Ennio Tamburi continuo", CRAC, Taranto, 15 dicembre 1918]

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