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Il luogo/ La carta

Se mi chino su una carta cinese o giapponese, mi sento invaso dalla quiete e dal tepore. La sua morbida superficie e’ come il manto della prima neve”.(Tanizaki 1935)

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La via della carta che viene dall’Estremo Oriente, come pratica spirituale, ogni gesto, ogni movimento e’ misurato, equilibrato, semplicità, senso del vissuto, spontaneita'. Leggere come piume al vento, inafferrabili. La carta diventa un luogo, un campo di relazioni, zona senza margini della sensibilità E.T.

 

I numerosi polittici realizzati con l’accostamento di preziose carte artigianali tibetane, giapponesi, indiane e nepalesi che l’artista sceglieva con meticolosa attenzione. In alcuni casi la carta è ridipinta, in altri lasciata integralmente “al naturale” in modo che il supporto riveli la sua trama, la sua corposità o leggerezza, creando un contrappunto con le immagini. 

Quadri come “pagine” disposte per effetto di una dilatazione fluida della pellicola pittorica, ma al contempo caratterizzate dalla composizione geometrica e rigorosa degli agglomerati di punti ritmati in superficie.  (R. Lacarbonara)

Il luogo/   Il campo

Uno spazio che Tamburi intende come “campo”, secondo molteplici declinazioni. Campo di battaglia, nei primi agglomerati di puntini “schierati, compatti, pronti a colpire” che attrezzavano le carte degli anni Novanta. Campo energetico, quantico, “predimensionale” nei fogli sciolti e radunati in coppie e polittici a partire dagli anni Duemila.. 

In questo campo fertile e smisurato che è il cielo di carta di Tamburi, ogni opera è un’erranza, dove è possibile attraversare senza la pretesa di una sosta o di una lettura. Una partitura quasi musicale, ritmica. A volte, l’organizzazione geometrica interna al dipinto serve a ricompattare aree omogenee e organizzate, agglomerando segni come case o insediamenti di una città infinita, globale. (Lacarbonara)

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